L’attività fisica è in calo: quali soluzioni adottare?

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L’attività fisica è in calo: quali soluzioni adottare?

L’attività fisica è in calo: quali soluzioni adottare?
La mia tesi è che le emergenze nello sport sono collegate tra di loro e sono dovute alle pressioni che i ragazzi sono sottoposti da parte della società, dai genitori, dagli allenatori sportivi. Una soluzione a questa emergenza andrebbe cercata nell’insegnamento delle abilità mentali che permetterebbe ai giovani atleti di giocare con entusiasmo, felicità, sicurezza in se stessi e autostima. Alcuni giorni fa ho letto su un articolo pubblicato sul web che in Italia l’attività fisica nei giovani è in calo e che le emergenze nello sport sono: l’abbandono precoce la lotta all’obesità il contrasto alla sedentarietà Una ricerca effettuata negli Stati Uniti ha rivelato che il 75% dei ragazzi che fanno attività sportiva smettono all’età di 13 anni perché lo sport non li diverte più, il gioco e la competizione non li diverte e soddisfa più. Sono evidentemente situazioni comuni in più paesi, i giovani atleti si ritrovano sempre di più ad avere a che fare con le pressioni della società che gli chiede di produrre dei risultati, invece di promuovere lo sport come strumento di crescita a livello fisico, psicologico e sociale. Figure molto importanti per la formazione e la crescita dei giovani sono i genitori e gli allenatori sportivi, purtroppo non hanno sempre tutte le competenze o le conoscenze necessarie per aiutarli in questo difficile percorso.
In alcuni casi i genitori a causa delle loro alte aspettative contribuiscono a creare tensione, proiettando su di loro i sogni mai realizzati di quando erano bambini o adolescenti. Non si rendono conto che per i loro figli è importante giocare, stare con gli amici, fare parte di una squadra, fare nuove esperienze, imparare nuove abilità. Il famoso calciatore Andrea Pirlo, allora quindicenne, disse in un’intervista: “I genitori spesso sono la cosa più brutta dei settori giovanili. A volte vai a vedere le partite e trovi genitori che urlano contro gli altri bambini o contro gli arbitri. E’ la rovina. Sicuramente a casa faranno la ramanzina al figlio, dicendogli quello che ha fatto o non ha fatto in campo. Così ti passa la voglia di giocare”. Sono passati diversi anni da allora, ma lo scenario che ha descritto in quell’intervista è tuttora attuale nel calcio, ma anche in altre discipline sportive. Gli allenatori sportivi spesso sono molto più preoccupati di vincere o di non perdere piuttosto che interessarsi alla prestazione dei propri atleti. Non sempre hanno le competenze per migliorare le abilità mentali e caratteriali o per aiutare i giovani ragazzi e ragazze, a superare efficacemente le difficoltà che incontrano durante gli allenamenti o le gare. Un buon allenatore li allena dal punto di vista tecnico tattico e fisico, ma è anche una vera e propria guida, un punto di riferimento sia in campo sia fuori dal campo. E’ importante che quando i giovani atleti commettono degli errori, li aiuti a capire come fare a risolverli, senza gridare e con pazienza. L’esperienza sportiva dei ragazzi e delle ragazze è piena di picchi emotivi in alto e in basso ed è normale che molti sentano tanta pressione, perdano fiducia, abbiano poca autostima e soprattutto decidano di abbandonare l’attività fisica. Lo sport è importante per tante ragioni, promuove valori come l’amicizia, la correttezza, la lealtà, il rispetto per gli altri. Quando i giovani atleti si divertono, sono liberi dalle aspettative e dalla pressione di fare bene. Perché nello sport è importante il divertimento? la risposta è che il divertimento è il seme che gli fa crescere la motivazione, la fiducia, l’autostima.
Quindi che soluzione potremmo adottare per rendere la prima emergenza meno urgente?
Una possibile strada da percorrere è l’insegnamento delle abilità mentali ai giovani atleti, li aiuterebbe a gestire più efficacemente le pressioni che vengono dal mondo esterno ed essere più felici, più fiduciosi, più sicuri di sé stessi. Come fare?

Con l’aiuto di una figura professionale sempre più ricercata, il Mental Coach o Allenatore Mentale. Una delle sue caratteristiche è che si prende cura dei suoi atleti pensando a loro in termini di potenzialità e non di prestazione. Prendersi cura delle sue potenzialità è un modo per dimostrargli di avere fiducia in lui. La potenzialità è ciò di cui l’individuo è naturalmente capace, più ciò per cui si è allenato, mentre la prestazione è data dalle potenzialità meno le interferenze esterne (ad esempio il pubblico, i genitori, l’allenatore, gli avversari). La componente fisica, tecnica e quella mentale non sono disgiunte tra di loro, l’allenamento delle abilità mentali con un’applicazione costante e la padronanza delle tecniche, aiuta il giovane atleta a sviluppare quelle abilità necessarie ad ottenere delle ottime prestazioni, a fargli vivere l’esperienza sportiva con divertimento, fiducia e consapevolezza dei propri mezzi. Il Mental Coach non fornisce alla persona le proprie soluzioni, ma lo aiuta a trovarne delle altre, secondo quanto è giusto ed utile per lui. Quindi diminuendo il numero di giovani che abbandonano precocemente l’attività sportiva con l’insegnamento delle abilità mentali, riusciremmo in qualche modo ad agire anche sulle altre due emergenze che stanno coinvolgendo lo sport: la lotta all’obesità e il contrasto alla sedentarietà?
Cosa ne pensi?

Hai vissuto personalmente queste situazioni nella tua esperienza sportiva o stai vivendo esperienze simili con i tuoi figli, con i tuoi atleti?
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